Un percorso dedicato alle chiese romaniche, gotiche e rinascimentali di Piemonte e Valle d’Aosta, tra arte e spiritualità.
A cura della Redazione di ChieseRomaniche.it
Raccolta dei contributi pubblicati
Una selezione di articoli pubblicati su ChieseRomaniche.it
San Martino nacque a Sabaria Sicca, l’odierna Szombathely in Pannonia, una regione al confine tra Austria e Ungheria,
all’incirca intorno agli anni 316 o 317,
figlio di un ufficiale dell’esercito romano che lo chiamò Martinus in onore di Marte, il dio della guerra.
Trascorse l’infanzia a Pavia dove il padre era stato trasferito e lì ebbe modo di avvicinarsi al cristianesimo, tanto
che a dodici anni divenne catecumeno.
Però a 15 anni dovette arruolarsi nell’esercito, in quanto figlio di un militare; quindi…
→ continua
È una figura di donna con una
doppia coda di pesce da lei tenuta in alto con le mani, un frequente simbolo che nel medioevo romanico tra il X e il XIII
secolo si trova inserito nelle decorazioni di pievi e chiese cristiane.
Diffusissima in Irlanda, Francia, Spagna, Svizzera e soprattutto in Italia.
Questa figura, però, ha una storia millenaria: gli antichi poeti, a partire da Omero rappresentano le sirene come metà donna
e metà uccello (arpia), che ammaliano i naviganti con il loro canto.
Nel cristianesimo, Michele, Gabriele e Raffaele sono gli unici tre arcangeli menzionati per nome nelle Sacre Scritture.
Ciascuno incarna un aspetto specifico dell’agire divino: Michele è il guerriero e custode della giustizia, Gabriele il messaggero del mistero, Raffaele il guaritore e compagno di viaggio.
Le loro figure, oltre che nella liturgia e nella devozione popolare, trovano espressione potente nell’iconografia romanica, soprattutto nelle chiese alpine.
Michele domina le soglie sacre come difensore contro il male, Gabriele reca l’annuncio dell’Incarnazione, Raffaele si prende cura dell’uomo lungo i sentieri della vita.
La loro celebrazione unitaria, il 29 settembre, è invito a riconoscerli come presenze vive e attuali, guide spirituali tra cielo e terra.
San Lorenzo nacque a Osca nel 235 e fu allievo di Sisto II, che lo ordinò diacono e lo nominò responsabile della carità nella Chiesa di Roma.
Durante le persecuzioni dell’imperatore Valeriano, Lorenzo fu arrestato e ucciso, secondo la tradizione su una graticola,
dopo aver distribuito i beni della Chiesa ai poveri.
È rappresentato spesso con la
dalmatica, la graticola e il
borsello delle elemosine.
Il suo corpo è sepolto a Roma, dove sorse poi la Basilica di San Lorenzo fuori le mura.
La notte del 10 agosto, festa del santo, coincide con le Perseidi, fenomeno astronomico anticamente legato al culto
pagano di Priapo e poi associato alle “lacrime” del martire.
Il poeta Pascoli ha reso celebre questa data con i versi struggenti della poesia X agosto, evocando il dolore per le ingiustizie umane.
Un proverbio astigiano ricorda infine che in quel periodo comincia la maturazione dell’uva nelle colline piemontesi.
Il saggio esplora la varietà di guglie campanarie nell’architettura religiosa europea, evidenziandone significati simbolici e funzioni estetiche.
Dalle piramidali romaniche alle slanciate flèche gotiche, fino alle rare guglie a spirale, ogni tipologia riflette il contesto culturale e spirituale
della propria epoca.
Vengono analizzate anche le guglie a cipolla, diffuse in area alpina e bizantina, e quelle in stile delfinato, tipiche delle regioni montane.
Ampio spazio è dedicato al panorama piemontese e valdostano, dove prevalgono guglie semplici in lose o tegole, spesso affiancate da pinnacoli e lanterne.
L'autore sottolinea l’evoluzione dai campanili romanici alle strutture verticali gotiche, con attenzione a materiali, tecniche costruttive e adattamenti ambientali.
Le guglie sono lette come segnali verticali di fede e identità territoriale, testimoniando una continuità tra arte, spiritualità e paesaggio.
Il testo si chiude con una riflessione sul valore simbolico e visivo di queste strutture, che continuano a elevare lo sguardo e il pensiero umano verso il cielo.
L’articolo propone una lettura epigrafica e storico-artistica del fonte battesimale della parrocchiale di Bricherasio,
attribuendone la realizzazione originaria al 1409 su commissione di
Bernardino Cacherano, conte ereditario del luogo.
Un secondo intervento di restauro risale invece al 1513, voluto da un omonimo prevosto.
L'autore chiarisce un errore interpretativo sulla data d'origine, finora ritenuta del Cinquecento.
Le iscrizioni e i simboli scolpiti – armi, strumenti agricoli e motivi religiosi – testimoniano l’influenza del sistema feudale e della famiglia Cacherano,
oltre a suggerire un legame con i maestri lapicidi Zabreri.
La complessa iconografia, arricchita da
simboli come l’acciarino e la miccia, indica possibili riferimenti al lavoro agricolo e alla committenza nobiliare.
L'articolo confronta anche le genealogie dei Cacherano secondo due fonti storiche principali (Caffaro e Bollea), mettendo in luce incongruenze
e lacune documentarie dovute alla distruzione dell’archivio di famiglia.
Il fonte si configura quindi come archetipo stilistico e testimonianza precoce di maestranze itineranti nel tardo gotico piemontese.
Questa raccolta riunisce gli articoli dedicati ai temi, ai luoghi e ai simboli che attraversano la storia dell’arte sacra in Piemonte e Valle d’Aosta.
È uno spazio pensato per offrire una lettura più ampia del patrimonio romanico e gotico, dove architetture, iconografie, tradizioni liturgiche e testimonianze territoriali dialogano con la storia delle comunità che le hanno generate.
Gli approfondimenti proposti permettono di comprendere il senso dei gesti, delle immagini e delle trasformazioni che hanno segnato i secoli, offrendo al lettore un percorso di scoperta che integra ricerca storica, sensibilità spirituale e attenzione al contesto locale.
Ogni articolo contribuisce a delineare una trama comune: quella di un paesaggio culturale che resta vivo grazie alla cura delle persone, delle parrocchie e degli studiosi che continuano a custodirlo.